DIN
DON DEL FERANDI’
NI’
A CA’ CHE L’E’ URA DE DURMI’
Monodramma
di narrazione
Il “monodramma di narrazione” “Din don del
Ferandì, nì a cà che l’è ura dè durmì” è frutto di otto mesi di ricerca su
campo, composta da interviste ad alcuni anziani effettuate nella bassa pianura
bergamasca, nei territori di Caravaggio e frazioni, Treviglio e frazioni,
Calvenzano, Mozzanica e Fornovo San Giovanni, e dalla raccolta da parte
dell’autore-interprete delle memorie di alcuni componenti anziani della sua
famiglia, sulla vita contadina.
Il materiale narrativo raccolto, composto
da proverbi, leggende, filastrocche, litanie, aneddoti e fiabe, è confluito in
uno spettacolo dal sapore autobiografico ed intergenerazionale, in quanto va
ricordato che il trisnonno dell’autore-interprete era un raccontastorie, che
intratteneva il suo pubblico nelle stalle e nelle osterie durante i lunghi
inverni padani, e dava spettacolo sulle aie durante le afose serate estive.
Sua figlia Giulia (la bisnonna materna
dell’autore-interprete) ha avuto la cura di custodire “oralmente” parte del
patrimonio narrativo del padre e di trasmetterlo a sua figlia Piera, che a sua
volta lo ha trasmesso direttamente all’autore-interprete.
È stata infine compiuta un’operazione
registica di “assemblaggio narrativo” che ha permesso allo spettacolo di
assumere una forma drammaturgia coerente ed un registro comico-popolare.
LA MESSA IN
SCENA
La sera diveniva nell’inverno contadino e di paese,
occasione di ritrovo e di svago, di socialità e di apprendimento: era infatti
utile servirsi in molti del calore gratuito della stalla.
Ecco che allora, le donne, i bambini, i ragazzi, gli uomini
e gli altri anziani si sedevano insieme, vicini, in modo quasi rituale, e
ascoltavano rapiti il narratore di storie – in bergamasco al pastucèr- raccontare fiabe, storie popolari, novellette
comiche, intervallare a preziosi consigli di medicina popolare, canti e
filastrocche…
Berto
pastucèr è un custode del passato, è
un visionario sospeso sulla soglia, sul confine fra due mondi, diventa
testimone di ciò che era un tempo e che non sarà mai più; il suo narrare, che
riporta nel presente un mondo scomparso, frammenti di vita quotidiana, memorie
arcaiche, briciole di storia, è ormai da considerarsi “Epica”.La luce fioca
delle candele, una sedia, un fiasco di vino, dei fiammiferi…e Berto che alterna la lingua italiana
al dialetto bergamasco, per divertire, intrattenere, stupire,
trasmettere un sapere popolare, e ripercorrere insieme, pubblico e attore, un
piacevole viaggio alla riscoperta delle antiche abitudini dell’uomo.
Ideato, realizzato, interpretato da Alberto Angelo Di Monaco